I carnefici del Duce by Eric Gobetti

I carnefici del Duce by Eric Gobetti

autore:Eric Gobetti
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2023-07-15T00:00:00+00:00


4.

Si ammazza troppo poco

Non ci sono popoli eletti, non ci sono nazioni violente e altre pacifiche di natura. Gli italiani non sono più o meno buoni di altri. In determinate circostanze qualunque popolo, e dunque qualunque esercito, può commettere crimini rivoltanti. È colpa della guerra? Certo, in parte. La guerra abbrutisce, rende disponibili al massacro, autorizza l’omicidio, lo esalta anzi come obiettivo supremo per un bene comune. Ma nel ventennio di cui stiamo parlando domina anche in pace un sistema di pensiero che giustifica la violenza, che la rappresenta come un valore, che incentiva la razzia, la prevaricazione e la brutalità come sinonimo di forza, coraggio, prestigio.

A mettere in opera concretamente quelle violenze è quasi sempre l’esercito. Questo perché quasi ovunque, a prescindere dal tipo di dominio esistente (regioni annesse, regimi collaborazionisti, amministrazioni civili, governi militari diretti), lo stato di ribellione che si viene a creare rende necessario il passaggio dei poteri alle forze armate. Il rapporto tra l’esercito e il regime fascista va visto però in termini di alleanza, non di alternativa. Gerarchi fascisti e generali italiani agiscono con una mentalità simile e hanno obiettivi strategici comuni: la repressione delle istanze libertarie, l’espansionismo nazionalista, l’imperialismo coloniale. Sono mete che vanno raggiunte a ogni costo, il che include anche la spietata violenza contro le popolazioni assoggettate. La quale quindi non è una diretta conseguenza dell’ideologia mussoliniana, ma il risultato di una dinamica complessa nei rapporti fra la società nel suo insieme, le varie istituzioni del regime e la struttura gerarchica delle forze armate.

Mussolini non impone mai ai vertici dell’esercito uomini di partito, estranei alla carriera militare. Sceglie tra coloro che hanno ottenuto maggiori benemerenze agli occhi del regime. La lotta per il potere si gioca sul piano dei risultati, delle vittorie militari. La progressiva divaricazione fra obiettivi strategici di grande portata (una politica estera espansionista in Africa e nel Mediterraneo) e la mancanza di mezzi, di capacità e di preparazione fa sì che di successi militari l’Italia dell’epoca ne possa contare davvero pochi. In mancanza di vittorie nette e limpide, è sulla disponibilità dell’uso indiscriminato della forza che si giocano le carriere dei generali. L’impiego dei gas in Etiopia, i bombardamenti contro i civili in Spagna, i rastrellamenti e le fucilazioni nei Balcani sono percepiti dal regime come sinonimo di coraggio, di vittoria, e hanno conseguenze sulle carriere degli esecutori. È un meccanismo che si riflette a tutti i livelli, a pioggia, dal più alto al più basso. Mussolini pretende massima durezza dai suoi generali, i generali dai colonnelli, questi dai loro ufficiali e dai soldati. Chi è disposto alla violenza ottiene vantaggi personali, fa carriera; gli altri no.

L’esercito stesso peraltro è composto in gran parte da soldati che sono cresciuti durante il regime mussoliniano. Sono giovani che non hanno sperimentato alcuna altra forma di governo e si riconoscono in quel sistema di valori. Il culto della forza, della gerarchia, della disciplina, il senso del dovere, il rispetto per l’autorità, il sogno nazionalista di fare grande la patria anche a discapito di altri popoli, sono parte di una mentalità condivisa.



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